Sciacquare l’emancipazione femminile in Arno
“Camilla non essere banale! Certi problemi devono essere sempre al centro dell’attenzione, non solo oggi. Archivia quello che hai scritto e torna a studiare”
E così è stato. I miei pensieri sono rimasti in una nota dell’iPhone ed io ho riaperto i libri della mia tesi. Oltretutto nell’ultimo periodo avevo percepito una maggiore sensibilità a proposito di questa tematica e questo mi aveva portato a pensare che finalmente le cose stessero veramente migliorando. Anche se i dati parlano chiaro, i casi di violenze sulle donne ce ne sono ancora tanti (decisamente troppi), io avevo annusato il vento del cambiamento, motivo per cui avevo deciso di non pubblicare niente il 25 novembre e di continuare la lotta contro le discriminazioni gentilmente riservate al mio sesso, in maniera individuale tutti i giorni ma consapevole di non essere sola.
Poi ieri ho aperto Twitter (mia nuova grande passione), e cosa vedo? Ci siamo di nuovo: la notizia della giornalista molestata in diretta TV è ovunque. Un colpo al cuore! Proprio quando avevo sperato che un futuro migliore fosse alle porte, arriva la notizia dell’ennesimo episodio di arretratezza culturale e sociale di questo paese.
Io, che un giorno vorrei versare dei contributi grazie ad un ipotetico lavoro nel mondo del giornalismo e dell’editoria, sono rimasta sconvolta da quanto successo, un po’ come tutte le donne e gli uomini “normali” che hanno letto la notizia. La cosa ancora più agghiacciante è stata la reazione del giornalista in studio che ha suggerito alla sua inviata di ignorare quanto accaduto e di andare avanti con il suo lavoro, aggiungendo che certi episodi fanno crescere. Insomma, l’unico uomo che poteva far recuperare punti al genere maschile dopo le performance misogine e maschiliste dei tifosi, ha deciso di risolvere il tutto sminuendo quanto accaduto come se fosse la normalità ricevere pacche sul culo e complimenti fuori luogo sul posto di lavoro.
Oltretutto, questo disgustoso spettacolo è stato messo in scena nella mia regione di origine, dopo la partita di una squadra che per motivi personali mi sta particolarmente a cuore, e questo non ha potuto che sconvolgermi ulteriormente. Anche se, per onestà di cronaca, va detto che il mondo della tifoseria non spicca per una particolare sensibilità nei confronti della figura femminile, basta vedere i “deliziosi”commenti sotto i post di Diletta Leotta per capire come il calcio sia ancora un po’ incompatibile con l’emancipazione culturale.
Va poi detto che noi toscani si scherza sempre. Abbiamo fatto dell’ironia il nostro baluardo culturale insieme alla bistecca alla fiorentina e film come “Amici miei” insegnano che in Toscana sappiamo bene cosa sia la goliardia, ma quanto accaduto mostra come sia facile oltrepassare il confine dello scherzo, sfociando nel mare della volgarità.
A questo punto quindi mi trovo costretta a recuperare la nota sull’iPhone, che avevo scritto il 25 novembre e pubblicarla sul mio blog. Non credo che questo post possa fare una grande differenza ma visto quanto accaduto ieri, credo sia meglio non lasciare niente al caso e quindi beccatevi questa mia breve riflessione, altrimenti va a finire che aveva ragione Stanis La Rochelle, della grande serie Boris, quando ha spudoratamente manifestato il suo odio per i miei conterranei.
“Non so proprio se un giorno diventerò madre, ma se mai dovesse succedere, non vedo l’ora di raccontare a mia figlia che quando io ero giovane portavo sempre con me un spray al peperoncino in tasca perché la sera avevo un po’ paura di girare da sola per città.
Le racconterò di quando chiedevo ai miei amici di accompagnarmi alla macchina posteggiata alla fine del buoio parcheggio della discoteca, perché avevo il terrore che potesse succedermi qualcosa.
Le racconterò di tutti quei soldi spesi in taxi per non prendere i mezzi pubblici nelle zone poco tranquille lontane dal centro.
Le racconterò del timore di indossare vestiti troppo corti o attillati che potessero mostrare parti del corpo in grado di suscitare perverse fantasie in persone dell’altro sesso.
Le racconterò delle lunghe telefonate con mia madre (che in questa narrazione utopica, dovrebbe essere sua nonna) mentre camminavo per strada da sola la sera per tornare a casa.
Le racconterò della paura di trovare qualcuno nascosto nell’androne del palazzo e dell’ansia di chiudere velocemente il portone.
Le racconterò che poteva succedere di ricevere fischi e apprezzamenti volgari da parte di sconosciuti che facevano gelare il sangue.
Le racconterò che ogni anno il 25 novembre in tutta Italia si parlava della violenza contro le donne perché capitava di innamorarsi della persona sbagliata e non sempre questa storia d’amore aveva un lieto fine.
Le racconterò tutto questo, spero, perché le cose saranno cambiate.
E se per caso dovessi partorire un figlio, racconterò le stesse cose anche a lui, spiegandogli poi che un uomo non si misura in base alla forza che ha, che la violenza - fisica o verbale che sia - non è mai giustificata, che gli uomini possono piangere (anche in pubblico), che al ristorante può pagare il conto anche la donna, che anche gli uomini devono contribuire ogni giorno alla pulizia della casa, che si può essere lasciati dalla fidanzat* ed eventualmente l’unica soluzione per cercare di recuperare il rapporto è il dialogo civile, e soprattutto che dovrà impegnarsi ogni giorno per non tornare ai tempi in cui le donne soffrivano e morivano per colpa di una mascolinità tossica.
Racconterò tutto questo perché confido in un futuro migliore.”
Ecco, a questo punto a mia/mia figlia/o mi toccherà anche a dirgli che proprio quando sua madre aveva sperato in un futuro migliore, un audace tifoso toscano ha deciso di mostrare in diretta TV quanto ancora questo paese fosse arretrato.
PS. Se ti piacciono i miei pezzi e non vuoi perdere gli aggiornamenti del blog,
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